DESCRIZIONE
La gita inizia a Cimalmotto, ultimo villaggio della val Rovana. Prendere la strada asfaltata che conduce a Pianelli. Qui si entra nel bosco, il sentiero scende in direzione del torrente Rovana (a Fiümigna per la precisione). Dopo aver attraversato il ponte si inizia a salire. Il bosco ci offre una buone protezione dal sole.
Poco dell'Alpe Sfille svoltiamo a sinistra (deviazione segnalata) verso il ponticello che attraversa un piccolo torrente. Dopo aver attraversato il ponte si svolta a sinistra e, dopo circa 100 metri, il sentiero fa una virata a destra e inizia a salire verso il lago (orientarsi grazie al grande segno bianco e rosso dipinto su un sasso). Qui la salita è un po' più ripida rispetto a prima, ma l'impazienza di vedere il lago ci fa avanzare più rapidamente.
Arrivati al lago restiamo a bocca aperta: il sito è veramente eccezionale, magnifico. Qui siamo davvero in paradiso! Ma non bisogna fermarsi, continuare (se si vuole) sulla riva orientale del lago, dall'altra parte lo spettacolo è ancora più bello.
Per tornare a Cimalmotto si percorre lo stesso sentiero utilizzato per salire.
Campo (testo scritto in collaborazione con Uria Cerini)
Campo (Vallemaggia) è un comune della val Rovana, una valle laterale della Vallemaggia. Campo, noto per le sue frana (vedi sotto), ha la peculiarità di aver perso nel tempo la quasi totalità dei suoi abitanti..
Nel 1596 si contavano a Campo (e solo a Campo) 300 abitanti, che erano diventati sono 244 nel 1765. Nel 1900 erano 292, e 253 nel 1920. Nel 1950 (compresi quelli di Cimalmotto, Niva e Piano) vivevano 506 persone. Attualmente superano a malapena una cinquantina.
Questo imponente emorragia demografica è dovuto all'emigrazione e l'abbandono della terra natia. Gli abitanti di Campo (ma non solo) paritono in massa verso l'Australia, la California e in alcuni paesi europei, soprattutto Germania. Essi esercitavano soprattutto i mestieri di commercianti e banchieri. A fungere da testimone di questi tempi perduti ci sono a Campo alcune imponenti case signorili edificate nel XVII secolo da famiglie benestanti che avevano mantenuto i legami con la madrepatria. Purtroppo oggi sono spesso disabitate in quanto i discendenti di questi pionieri vivono ora nelle città.
I villaggi della Val Rovana oggi mostrano segni di abbandono e incuria, causati dal forte spopolamento. Molte case sono chiuse e vengono riaperte momentaneamente solo per le vacanze da parte dei loro proprietari che vivono e lavorano in pianura. Per concludere ancora una curiosità: la parte terminale della valle di Campo, dove si trova il vasto anfiteatro dell'Alpe Cravairola, è in territorio italiano. Questo territorio fa parte bel bacino imbrifero della Rovana, ma qui in confine di stato taglia in due la valle. Queste terre sono state a lungo contestate e nel 1874, dopo secoli di polemiche, sono state assegnate all'Italia, "contro la storia e la geografia".
La frana di Campo (La frana di Campo (testo scritto in collaboratzion con Uria Cerini)
Ogni volta che si parla di valli alpine, si deve il concetto di umanità al termine "natura". Il rapporto tra uomo e natura è cambiato nel corso dei secoli: con il taglio selvaggio e indiscriminato dei boschi sono apparsi i primi sintomi di una diminuzione del rispetto che l'uomo ha sempre avuto per la natura. I boschi e i fiumi si trasformano in una fonte di reddito, una risorsa economicamente sfruttabile. I risultati di questo nuovo atteggiamento è visibile ai piedi del paese di Campo, costantemente minacciato da una frana (nota: il termine geologico esatto è scivolamento, il termine una frana viene solitamente impiegato per definire il distacco improvviso di grosse masse di roccia), con la quale la popolazione ha dovuto imparare a vivere.
Il rapporto indivisibile che unisce l'uomo e la natura, che si manifesta attraverso gli interventi sul paesaggio, può essere diviso in due periodi diversi, gli obiettivi che li caratterizzano sono diametralmente opposti. Nel corso degli ultimi due secoli, l'uomo ha massicciamente sfruttato le risorse della natura ponendo le base per il suo annientamento. Questo è il caso dell'altopiano di Campo che, esposto ai cosiddetti "pericoli naturali" dopo il taglio indiscriminato dei suoi boschi selvaggi, soffre della forza erosiva del Rovana.
Gradualmente, dopo gli eccessi dati dal suo comportamento autodistruttivo, l'uomo ha cambiato il suo comportamento. Oggi sta lottando contro una frana che ha contribuito lui stesso ad accelerare.
L'uomo può dunque essere considerato contemporanemante causa e soluzione del problema. Per anni i valmaggesi hanno chiesto un intervento efficace per rimediare al problemi della zona di Campo e Cimalmotto e Cerentino.
Dopo tanti tentennamente le autorità politiche hanno compreso la gravità della situazione e, nel 1991, hanno pianificato un radicale intervento di contenumento della frana. La tutela e la sicurezza degli abitanti sono diventate il principale interesse delle autorità. La costruzione di una galleria di drenaggio con 23 pervorazioni subverticali in direzione della massa in movimento ha ridotto la pressione artesiana all'interno della stessa. Sul lato opposto della valle è invece stata scavata una galleria per deviare le acque del fiume Rovana, bloccando l'erosione ai piede della frana. In superficie sono invece stati realizzati una rete di canali in modo da limitare l'infiltrazione di acqua nel corpo della frana.
Accanto a questi interventi atti a limitare l'erosione, è stato predisposto un sofisticato sistema di sorveglianza che segue i movimenti del corpo della frana, inoltre sirene sono state installate nei villaggi toccati. Le autorità hanno anche studiato piani di evacuazione della popolazione.
Lo sfruttamento sconsiderato della natura ha dunque lasciato il posto a una politica di intervento programmato e puntuale, una sorta di lotta "rispettosa" ma impari contro una natura indomabile. Da questa battaglia nasce la speranza che gli interventi e le misure di protezione realizzati siano sufficienti per preservare la valle da eventi catastrofici.
Una frana che risale al 1834
I primi segni di questo triste fenomeno risalgono alla prima metà del XIX secolo, durante le alluvioni del 1834 e 1839. Il taglio dei boschi, e il relativo trasporto di legna via fiume fino a Cevio (con le inondazioni artificiali provocate dalle serre di ritenuta delle acque della Rovana), praticato dal 1851, sebbene già proibito dal 1859, è stato causa del peggioramento della situazione. Lo slittamente dell'altopiano di Campo si era però inesorabilmente in moto. Da quel momento, ad ogni alluvione il movimento si accenta. Nel 1897 la piccola frazione Mater venne distrutta, trenta persone sono state costrette ad abbandonare le loro case. La chiesa parrocchiale di Campo, situato su un promontorio dell'altopiano, ha subito notevoli danni a causa del cedimento del terreno provocato dalla frana. I restauri sono stati difficili e impegnativi: si trattava di salvare un monumento storico e artistico. Questa chiesa è stata utilizzata come parametro di riferimento per misurare lo spostamento dell'altopiano: in circa un secolo lo scorrimento orizzontale è stato di 25 metri!
La frana occupa oggi una superficie di circa 5 chilometri quadrati, ed ha un'altezza media di 200 metri. Il volume della massa in movimento è stimata attorno al miliardi di metri cubi.
Il muro del Pizzo Bombögn
Per assorbire l'acqua che si infiltra nel suolo, negli anni 1940 sono stati piantati sopra il paese di Campo 30mila alberi. Per evitare che le capre danneggiassero le piantagioni, nel 1947-48 fu costruita una barriera sul ripido pendio del Pizzo Bombögn. In cima alla montagna, dove i pali di legno non potevano essere eretti a causa del terreno roccioso, fu costruita un'opera in pietra di rara bellezza: un muro a secco di un volume di 420 m3. Per edificarlo è stato sufficiente il lavoro di tredici operai, tra aprile e dicembre del 1948. Il muro segue la montagna su un dislivello di 150 metri, più precisamente tra i 2'184 metri e la vetta a 2'331 metri, su una lunghezza orizzontale di 300 metri e un'altezza media di circa 2 metri. Il muro è recentemente (nel 2000) stato restaurato dall'Associazione per la protezione del patrimonio artistico e architettonico di Valmaggia (APAV). Per visitare il muro, vedi l'itinerario 38: Pizzo Bombögn.
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